Claustrofonia – Ladolfi ed. 2018
15 venerdì Nov 2019
Posted Claustrofonia, pubblicazioni, senza categoria
in15 venerdì Nov 2019
Posted Claustrofonia, pubblicazioni, senza categoria
in30 domenica Dic 2012
Posted pubblicazioni, senza categoria
inOltreverso, il latte sulla porta
poesie di Doris Emilia Bragagnini ZONA 2012 pp. 100
dalla Prefazione di Augusto Benemeglio
[…]Contro il silenzio e il rumore invento la Parola, libertà che si inventa e mi inventa ogni giorno”, scrive Octavio Paz, e la Bragagnini lo segue come una fedele allieva. La sua è una poesia solitaria, per solitari, spiriti aristocratici, che non cercano la complicità delle passioni, ma la lampada che ti guida all’ingresso del sogno, la bilancia che pesa la verità e il desiderio, l’osso fiorito per attraversare “un labirinto da tradurre/ quella morsa attorno al collo/ come ciondolo di morte” (vds.pag.73).
E’ la poesia della solitudine, dell’insonnia, della sterilità, della frammentazione, della disgregazione, della morte. Che non ha paura delle trappole, delle insidie, delle mani vuote, dei movimenti delle nubi, del tremore degli alberi, dello stupore dello spazio, degli assoluti, dell’eternità con i suoi angeli e demoni. L’inferno e il paradiso stanno già su questa terra. Nessuna chiesa, nessun partito, nessuna ideologia, e persino l’erotismo, il grande feticcio del nostro secolo freddo e crudele, salva dalla distanza, dalla dissolvenza, dall’autodistruzione “[…]
Eppure questa poesia “oltre verso” che va oltre tutte le lacerazioni, gli incroci sui binari, i salti nel buio e i fiumi rossi, questa poesia fatta di parole “contro”, che è senza frastuoni e priva d’ogni retorica, sempre sul filo del rasoio tantrico-poetico-funzionale, questa poesia fedele ai passi cronologici e ai singoli livelli di crescita, non è mai fine a se stessa; si fa ponte fragile di parole, mediazione, diventa voce del linguaggio, particella di realtà e verità osservabile, che è di tutti e di nessuno, dimensione metafisica tra qui e un “altrove” misterioso. E per un attimo, chissà, forse ti svela quale sia il sentiero da percorrere, la porta o il pertugio, la via di fuga da attraversare, il punto meno buio, il fosfeno che si accende nella tenebra e ti conduce là dov’è – forse – la vita vera.
[…] Quello di Doris è un viaggio di ritorno dalla Lontananza-Dimenticanza, dall’Oblio, dalla Memoria della propria Itaca, luogo nel quale non si è mai realmente stati, né mai partiti […]
Augusto Benemeglio Roma 29 ottobre 2011_
per leggere l’INTERA PREFAZIONE e trovare altre recensioni cliccare QUI
24 sabato Dic 2011
Posted pubblicazioni, rivelazioni e buchi neri, senza categoria
inTag
non un vuoto contundente, così ampio
da tacermi – il luogo esponenziale è filmico
una ghirlanda d’aglio e fiordalisi morbida nel fiume
e un collo troppo piccolo per sostenere il cappio
sorprende poi di frodo come un letto richiudibile
due ante sulla steppa, il freddo dei natali di ogni giorno
lampadine ciondolate sopra il piatto da cocomero
(se non per questo – me – adesso
o la brina nei campi d’inverno quanto il fiato
avvampare d’incenso, braccia spiegate, all’essere viva)
mi tagliarono la coda, giace lì nel nylon, il colore sbiadito
nero pervinca di notti a venire, nello zoo del Tennessee
qui tra le stecche di un video su strada filtrano bucce per fard à paupière
– fiori di vetro – a due passi dal mondo, piena una slitta, da riempire galere
___________________________________________img Susan Burnstine
02 domenica Mag 2010
Posted gomitolo scarlatto, longitudini, pubblicazioni, senza categoria
inTag
issando il gesto
a saperlo tenere in punta di ciglia
scivolato, non di -piena- trasparente
rimanendo assorta, liquida
la goccia a zampillare come dal centro il latte
ché nutrire il ricordo rende gravide le mani
strette a coppa (forte), per l’offerta
e tu sia l’artiglio
o la tigre del cerchio – il fuoco
la mia -lingua- come di madre al cucciolo
non ti sarà confine, impasto di carne e storia
l’areola scoperta, le pieghe lambite
sterpaglia lasciata all’alcova dei venti
quando immobili e stanchi, indivisi
lasceremo le armi
img. Milan Borovička – From Woman series, 1979
27 sabato Feb 2010
Posted gomitolo scarlatto, longitudini, pubblicazioni
inTag
vorrei zittirlo, il non detto
quando arraffa stretto il seno
il non scorrere dei rami lungo i vetri
e paesaggi ininterrotti, artigliati
intorno a zigomi di sbieco
un orecchino solo
il resto reclinato sotto muri ceralacca
e gambe, senza rete – a filo –
dritto il laccio, fiore o perla da sedare
ciò che dentro è tonfo sordo (Griet )
di dirigere a memoria
cerchi piccoli, con la punta delle dita
brucia il palmo teso avanti
un giorno dopo l’altro – a capo
tra cuscini di un giardino siderale
sciogliere il vermiglio, la gota spaiata
deciderà l’inverno, torbido indietro di crespo
o – sapore di lago – trementina, sulle labbra
_________________ foto Josephine Sacabo
29 giovedì Ott 2009
Posted pubblicazioni, rivelazioni e buchi neri, senza categoria
inTag
sweet, sweet, my hungry sweet melody, sweet…
osserverò le piume alzate contro il vento che
il tuo gorgheggio solleverà nel vuoto intabarrato
e lì, a colpire dove il fianco è muto e
cola l’ombra – rovesciata –
sulla rotondità del giglio oscuro
reciderò gli stami
scivolando al fondo di quel ringhio d’altro canto
da serrare, tra le mie parole nude
erano i giorni delle unghie scheggiate
tra gli spazi tanto freddo e
il ruvidore precipitava l’ululo
a lisciarle sulla faccia ma, non era la paura
a stringere nei nastri l’andirivieni di quel fronte
che vedevo nei suoi occhi
piuttosto un velo, patinato su quel bianco
sopraggiunto come schiuma di
– distacco –
Precipitando di punto in punto (solo due occorrenze: dal “vuoto intabarrato” al “fianco muto” – dall”andirivieni” al “distacco”) fila si sfila (ma alla fine, in un certo senso, tutto si defila) la serialità dei verbi: osservare, sollevare, colpire, colare, recidere, scivolare, serrare, precipitare, lisciare, stringere, sopraggiungere.
Ognuno di questi predicati è contenuto in tutti gli altri, e tutti insieme – formando una serie – concorrono alla definizione (figurazione e defigurazione) del senso, o meglio: della messa in mobilità dei “sensi” che lavorano per il senso.
Ragionando in termini di sostituzione e di relazione ognuno di questi predicati è legato agli altri e potrebbe sostituirlo; e tutti insieme, relazionandosi, rendono intelligibile la sfera del sensibile, ovvero la corporeità.
L’asse paradigmatico si snoda attraverso locuzioni ora metaforiche (vuoto intabarrato / rotondità del giglio oscuro / ringhio d’altro canto), ora sinonimiche (cola-precipitava / serrare-stringere), ma non disdegna la cosiddetta riconciliazione dei contrari (ruvidore-lisciare).
La scansione poetica permette ai propri “punti” di precipitare attraverso un processo che definirei semanticamente matematico.
Tutto coincide, tutto si amalgama perfettamente, tutto sembra naturalmente dato e dovuto.
E la chiusa ci fa capire che il “sopraggiungere”, ovvero la gettata in cui si designa la “venuta”, se da un lato potrebbe essere considerato il giusto compimento, dall’altro lato inaugura la dissoluzione del “gesto”.
Del resto la dissoluzione è presente fin dalle prime battute (piume, vento, vuoto, ombra che cola) e si rinnova conclamandosi in quel “velo” (trasparenza, inconsistenza, impalpabilità) che chiude la danza.
Questa poesia parla e si parla (induce l’ascolto e si pone all’ascolto di sé) nel senso propriamente letterale, ovvero: dice le parole. E non si accontenta di dire, si concede il lusso di scandire e di drammatizzare.
Come avviene tutto ciò?
Molto semplicemente attraverso una sorta di forclusione: l’innesto di una regressione animale al “prima delle parole”, a una originarietà (o pre-originarietà) in cui il linguaggio era propriamente gutturale. Il diktat si snoda, in maniera progressiva (e quindi semanticamente matematica), sulla linea metamorfica “gorgheggio/ringhio/ululo”. L’insieme di queste tre emissioni figura e sfigura quello che Doris definisce “altro canto da serrare tra le mie parole nude”.
L’andirivieni poematico è essenzialmente onomatopeico (come a rafforzare la corporeità che qui si respira a pieni polmoni) ma è messo in abisso all’interno delle “parole nude”.
Le parole nude, parole poetiche di un corpo esposto, in un certo senso intatte, contengono in nuce tutta una serie di altre parole, per così dire, smembrate, spartite, animalizzate, forcluse.
Cosa sono le parole nude?
Sono, forse, le parole tese a “spaziarsi” nell’esposizione.
Si espongono alle unghie scheggiate o, se preferite, espongono le proprie unghie scheggiate.
Ma la nudità di cui sono pregne può rendere il tutto una “dolce melodia”, anche nell’inevitabile “distacco” che conclama e vanifica il gesto.
(Enzo Campi)
16 mercoledì Set 2009
Tag
Sei l’inappetenza che ho dell’ordinario
un – rigo verticale – sulla bocca
la nota che incupisce gli angoli
se alla chiave del tuo orgoglio giungo in punta
tra il taciuto e l’evidente, l’increspatura a pelle
l’oscillazione all’antro del permettermi un refrain
Così è l’eterno al gioco
sbattere su gradi di caviglie, la mano a spingere sul collo
mentre è – dentro – che mi piego mio malgrado e
i colpi sono densi, provocazioni a vivere
che flettono in salita giusto all’attimo di contenere il grido
nell’assesto più profondo
11 venerdì Set 2009
Posted longitudini, pubblicazioni, senza categoria
inTag
come mani senza dita
le mie parole prensili
addette alla banchina della vita
e occhi per guardare quanto passa o resta
farne ricordo di quanto non è stato
se avessi avuto pioggia sulla pelle e
indumenti asciutti alla valigia sotto il letto
sarebbe stato sbarazzarsi di una facoltà ingombrante
quella di riparare al nulla i polpastrelli
che non fiatano – domestici –
______________________ img Angela Bacon Kidwell
04 venerdì Set 2009
Posted pubblicazioni, senza categoria, tracce
inTag
se una – fossetta – è il giorno e
il raggio a picco, sulla pelle
sono quelle fronde scure
palme di ventagli d’oasi
– ante – un po’ dischiuse
a spingermi nel resto dell’armadio
per chiedermi cos’abbiano le mani
del tuo consenso inerme
(come rumore di tordo o
garluppo di fondo, inespresso)
scivola dal palmo il sale per la coda
l’asciugatura al click, di un battito di ciglia
il filo per la presa
————————————-al dorso
“legami i margini, fammi restare”
ambarambaciccicoccò tre civette sul comò
______________________img Anne-Julie Aubry
05 mercoledì Ago 2009
Posted pubblicazioni, rivelazioni e buchi neri, senza categoria
inTag